Roberto Giulianelli, Bakunin e la rivoluzione anarchica, recensione di Eugen Galasso (n°84)
Casalvelino Scalo, Galzerano, prima edizione 1998, rieditato e disponibile
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Si tratta di uno studio rigoroso e anticonvenzionale, nel senso che è scientifico, non militante, che contestualizza storicamente e biograficamente Bakunin (semmai manca, ma a ragione, un approccio psicologico), che non disdegna di relazionare Bakunin con le sue origini di “giovane hegeliano”
, in particolare nei rapporti con Arnold Ruge, Karl Marx, Friedrich Engels - inutile qui rimarcare le differenze e le polemiche, che Giulianelli esplicita in modo convincente - nelle polemiche successive con Mazzini e Lassalle.
Da un lato, dunque, un Bakunin tributario del suo tempo (Ottocento) e dello spirito del suo tempo, dall’altro un eversore totale, non solo un utopista.
Un autore, Bakunin, certo sottovalutato da chi ha studiato per bene la sinistra hegeliana (Karl Loewith, Sidney Hook, Claudio Cesa, Aldo Zanardo, mentre qualche spunto in più c’è in Auguste Cornu), ma che qui assume un rilievo importante, monografico, dove forse un solo rimprovero può esser valido: quello di non aver accentuato il Bakunin negatore di tutto, di ogni valore tradizionale, di Dio e dello stato, fautore di un ateismo postulatorio (l’uomo, cioé, deve negare Dio per essere libero) ma anche di un antistatalismo che non ammette condizioni compromissorie; dove, al di là di ogni analisi moderna e post-moderna (Deleuze, Guattari, Foucault ma non solo), v’è la posizione di altri libertari (Francesco Saverio Merlino, Daniel Guérin) che risulta molto più possibilista, meno da “tutto e subito”.
Bakunin è l’accensione, la miccia, forse ora bisogna pensare al come relazionarsi. Considerazioni politiche? No, più che altro storico-sociologiche, il che non toglie nulla al valore dell’opera recensita, anzi invita a leggerla e a entrare in sinergia (anche critica) con essa.