Un anno di iniziative a Imola su Andrea Costa, di Roberto Zani (n°131)
Interventi di storici e politici. Rivalutata la dimensione libertaria. Luci e ombre nella partecipazione cittadina. La presenza degli anarchici imolesi.
Nel corso del 2010 si sono svolte a Imola le celebrazioni per i cento anni della morte di Andrea Costa (1910 – 2010), colui che venne definito “traditore” dagli anarchici per aver inaugurato la strada parlamentare al socialismo (che, ricordiamolo, in Italia nacque anarchico), e “apostolo del socialismo” dai parlamentaristi che, a partire da Filippo Turati, fecero di tutto per ridurne il peso politico, essendo portatori di un malinteso marxismo “positivista” e autoritario (non condiviso dall’imolese) che ha profondamente influito, nelle sue varie vulgate, troppo a lungo sulla sinistra italiana, fino a lasciarla oggi priva di riferimenti sia nel campo del pensiero politico che in quello degli orizzonti ideali.
L’Amministrazione comunale, tramite un comitato scientifico guidato dall’eminente storico ed ex sindaco di Bologna Renato Zangheri, ha promosso un convegno nel mese di maggio sugli orizzonti del socialismo (significativamente poco partecipato); anche la Fondazione della Cassa di Risparmio ha organizzato alcuni incontri coordinati dal prof. Angelo Varni, ottenendo invece una buona adesione di pubblico, forse per il taglio più leggero e per essersi tenuti al “Circolo Sersanti”, il salotto buono della città. Molto apprezzato dagli addetti ai lavori è stato il recente sforzo della biblioteca comunale di pubblicare su internet le “Carte Andrea Costa”, uno dei fondi più importanti e maggiormente consultati in Italia sulla storia del socialismo e del movimento operaio.
Altre iniziative sono state organizzate dal partito socialista, dai massoni locali (a ricordarci le tante strade battute dal concittadino) e pure la diocesi ha ricordato il nostro, che certo non avrebbe apprezzato. Una delegazione di cittadini è stata accolta da Napolitano e Fini per la commemorazione alla Camera dei Deputati il 26 gennaio 2010, e il Presidente della Repubblica si è recato a Imola il mese dopo sempre con il medesimo filo conduttore, ottenendo un’accoglienza trionfale. In mezzo a tanto clamore e accavallarsi di iniziative, una nota dolente è arrivata dalla Tv locale che, facendo una serie di interviste ai passanti davanti alla casa natale di Costa, ha scoperchiato l’ignoranza abissale che separa gran parte dei cittadini non solo dalla politica, ma anche dalla storia. Chi citava l’omonima squadra di basket, chi il viale della stazione, chi non aveva mai sentito quel nome…
Una tra le numerose conferenze organizzate dalla biblioteca comunale è stata tenuta dall’Archivio Storico della Fai (risultata poi tra le più partecipate dell’intero ciclo): il tema era la repressione di fine Ottocento e il rapporto tra Costa - che in quel periodo era uno dei maggiori leader del partito socialista - e gli anarchici condannati al domicilio coatto. L’iniziativa si è ben inserita nel quadro generale perché gran parte degli storici, a partire dallo stesso Zangheri, hanno mostrato di rivalutare proprio la dimensione libertaria del socialista imolese.
Costa, nel suo approccio al marxismo, non fu mai un sostenitore della versione ortodossa teutonica, preferendo piuttosto il possibilismo dei francesi, sicuramente meno autoritari. La sua riflessione sui limiti dell’anarchismo degli anni ’70 e ’80 dell’Ottocento - rimasto fermo a concezioni cospiratorie di stampo risorgimentale incomprensibili a gran parte della popolazione – era sinceramente sollecitata dall’urgenza di un miglioramento delle misere condizioni dei ceti meno abbienti. Nonostante le incertezze, le pericolose scorciatoie e le contraddizioni indotte da un’impostazione molto più pragmatica che teorica, l’imolese rimase sempre - e non solo nella dimensione ideale - un antimilitarista, un rivoluzionario e un socialista libertario. La “sua” originale creatura politica, il Partito Socialista Rivoluzionario di Romagna, assicurava il decentramento e la massima autonomia alle sezioni locali. La conquista del comune non nascondeva una tensione utopica riconducibile alla Comune parigina.
La figura di Andrea Costa è stata spesso valutata in sede storiografica con schemi oggi impresentabili, derivanti proprio da quella impostazione teorica vincente per quasi un secolo (figliastra del positivismo evoluzionista e di una malintesa concezione materialistica della storia) secondo la quale ogni stadio del movimento operaio superava il precedente, sulla via di un continuo perfezionamento. Costa rappresentava così solo l’anello di congiunzione tra il socialismo anarchico primitivo e quello marxista, via via sempre più “scientifico”. Ma le istanze libertarie si sono riproposte in seguito più volte - con esiti spesso di vitale rinnovamento - nella storia del movimento dei lavoratori (e degli studenti), smentendo pure un’interpretazione così riduttiva dell’ “apostolo del socialismo”. Nel complesso, le celebrazioni si sono tendenzialmente avvicinate a questa interpretazione della figura di Costa da noi sempre sostenuta.
Addirittura spudorati, come avviene solitamente in questi casi, sono stati gli interventi dei politici: Fausto Bertinotti e Giuliano Amato hanno parlato a Imola in occasione della presentazione, il 7 dicembre, di un nuovo documentario intitolato “Andrea Costa”, spingendosi a condannare addirittura l’esclusione degli anarchici dal congresso di Genova del 1892 di fondazione del Partito Socialista Italiano (e dello stesso Costa, che non volle capitolare subito di fronte al modello “tedesco” del partito e all’emarginazione dei suoi “vecchi” compagni). Forse le simpatie di Bertinotti e Amato nei confronti dei libertari sono solo d’occasione; ma è significativo che, nell’attuale baratro intellettuale, morale e politico in cui giace la sinistra, il libertarismo sembra acquisire una “rispettabilità” che sarebbe piaciuta molto, per esempio, ad uno dei suoi teorici più attuali come l’inglese Colin Ward.