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Categoria: Storia e personaggi
Creato Lunedì, 23 Gennaio 2006

Su Giovanni Rossi “Cardias” (Pisa, 1856-1943), di Nicola Terraciano (n°72)

Nicola Terracciano insiste nel riproporre il “socialismo libertario sperimentale” (mettiamo il termine fra virgolette perchè, a nostro parere, tutto il socialismo libertario dovrebbe essere sperimentale)

e, in attesa di trovare altri compagni per “l’impresa dei mille”, ha inviato un interessante articolo

 

Nella storia del socialismo italiano ottocentesco accanto alla linea associativa sindacale politica, osteggiata e repressa dalle sospettose autorità monarchiche unitarie, a quella rivoluzionaria, nella memoria e nel solco delle iniziative di Pisacane e di Garibaldi, per attuare un Risorgimento repubblicano e sociale, che allargasse e inverasse quello liberale e unitario, così lontano dalle idealità e dai sacrifici di tanti protagonisti del moto di rinnovamento epocale, accanto alla linea elettoralistica ed evoluzionista, incarnata dalle esperienze di un Friscia, di un Costa ed alla fine accettata dallo stesso Cafiero (non da Malatesta che si tenne fedele a quella rivoluzionaria, strutturando in modo permanente la linea anarchica del socialismo italiano) vi fu un’altra linea di lavoro politico, spesso rimossa dalla memoria collettiva, ma carica di originalità e di futuro: quella del socialismo libertario sperimentale, ideata e promossa da colui che può ben definirsi il Galilei politico del socialismo.

Non a caso era nato a Pisa nel 1856, respirando nella città e nella sua fondamentale memoria storica culturale un orientamento positivo-scientifico, che fu rafforzato dagli studi universitari in scienze naturali, di agricoltura, di veterinaria.

Questa impostazione intellettuale di base e l’esperienza concreta col mondo contadino legata al suo lavoro di veterinario e di esperto di agricoltura diedero alla sua fede di socialista internazionalista, generosamente assunta dalla giovinezza, e mai tradita fino alla morte nel 1943, un connotato particolare.

Il periodico da lui fondato nel 1886 si chiamava Lo Sperimentale.

Già nel 1878 Rossi aveva pubblicato un opuscolo intitolato ”Un comune socialista”, in cui faceva la storia, attraverso tutte le tappe, della trasformazione di un immaginario paese, Poggio al Mare, in un comune socialista, ponendosi e risolvendo persuasivamente  i problemi e gli ostacoli derivanti da questa trasformazione.

Nell’accordo e nella collaborazione con democratici di orientamento mazziniano e garibaldino, come Mori e Sacchi, di socialisti come Bissolati, fece un primo esperimento nel 1887 (durato fino al 1890), sotto forma di Cooperativa avanzata, sui 120 ettari e una ventina di case coloniche messe a disposizione dal proprietario Mori, che costituivano il podere ”Cittadella”, nel piccolo comune di Stagno Lombardo, in provincia di Cremona.

Egli capì, toccandolo con mano, che la propaganda socialista internazionalista aveva dei limiti insuperabili: essa raggiungeva minoranze ristrette, potenzialmente portate per sensibilità o cultura a sentire il problema della diseguaglianza economica e sociale, quindi disponibili ad impegnarsi, a battersi, a sacrificarsi per risolvere il dramma della miseria e delle sofferenze, pur non vedendo realizzarsi subito i propri ideali, sapendo aspettare, stringendo i denti, ma la maggioranza dei contadini, dei lavoratori nelle città, osservava Rossi, restava passiva e indifferente alle proposte socialiste, che pur riguardavano lo stato di miseria di quella maggioranza.

Questo dipendeva sia da limiti di sensibilità, di educazione, frutto della millenaria emarginazione culturale, in balia della sola acculturazione dogmatico-cattolica controriformistica, sia soprattutto dalla rassegnazione, dal pessimismo storici di non aver mai toccato con mano, “sperimentato”, anche per qualche aspetto, forme di convivenza più libere, egualitarie, moderne. Il pessimismo storico congiunto al pratico buon senso di chi quotidianamente era alle prese con problemi concreti di sopravvivenza, di tirare a campare fino a sera, non sapendo a volte cosa lo aspettava l’indomani, se una nuova occasione di lavoro provvisorio, o la disoccupazione, o la fame, o una miseria aggravata, costituiva per Giovanni Rossi il più gigantesco ostacolo alla diffusione delle idealità socialiste e, se non si affrontava praticamente questo ostacolo, ci si mordeva continuamente e inutilmente la coda.

Solo facendo vedere, assaporare, in concreto la socialità socialista e la sua ricchezza in termini esistenziali nei confronti della vita quotidiana tradizionale,  si   poteva  sperare, secondo Rossi, in un allargamento della cerchia dei simpatizzanti e degli aderenti della prospettiva socialista.

Per richiamare questo fondamentale punto di vista pratico Giovanni Rossi si diede come appellativo “Cardias” (l’apertura superiore dello stomaco, attraverso cui il cibo masticato entra in esso), col quale è spesso noto. L’uomo oltre a  pensare mangia  e  deve  mangiare

ogni giorno: sembra una verità elementare, ma quasi tutti quelli che spesso parlano di politica sembrano dimenticarlo. E se gli uomini non mangiano o non sono sicuri di mangiare ogni giorno, non sono disponibili a sentir parlare di cultura e di progetti politici, anzi reagiscono infastiditi e segretamente ostili.

E poi le comunità sperimentali socialiste libertarie potevano essere fonti di forza economica per il più vasto e articolato movimento socialista, luogo di accoglienza  e  di ristoro  per i perseguitati politici e per i ricattati da abusi e arbitri.

Rossi cercava di elaborare e di indicare così tutte le argomentazioni più persuasive per avviare il socialismo su quella linea, non escludendo o svalutando le altre, nella consapevolezza laica e sperimentale che nessuno ha la verità in tasca.

Nel quotidiano, concreto contatto col mondo contadino e lavoratore in genere, intuì poi che la questione della miseria era di una complessità inimmaginabile, perché essa non era legata solo alla dimensione economica e sociale, ma affondava le sue radici anche nella impalcatura culturale, negli strati profondi della personalità, quali storicamente si erano costruiti e strutturati.

Bisognava allora toccare non solo gli istituti della proprietà e degli strumenti di lavoro o le forme della rappresentanza politica, ma anche le forme di relazione tra gli uomini, tra le donne, e soprattutto quelle tra gli uomini e le donne, smontando la vecchia famiglia patriarcale, che era la forma storica di mantenimento non solo del privilegio e della ricchezza, ma anche della miseria esistenziale degli uomini e delle donne lavoratrici.

Finché vi saranno legami possessivi, gelosi, violenti, prepotenti tra uomini e donne, finché esisterà la morbosa gelosia nella irrazionale, ancestrale pretesa di essere i proprietari dei corpi, dei pensieri, dei movimenti della donna da parte dell’uomo-maschio e della donna-femmina nei confronti degli uomini, non vi saranno, secondo Rossi, personalità maschili e femminili capaci di sentire e vivere il socialismo libertario.

Vi potrà essere eguaglianza nel possesso dei beni e dei mezzi di lavoro, ma se non si intacca quel nocciolo della famiglia monogamica patriarcale vi sarà inevitabilmente la replica della diseguaglianza, perché nel chiuso degli egoismi familiari maschili e femminili inevitabilmente rientrerà dalla finestra quello che è stato cacciato dalla porta: la diversità di percezione e di trattamento di sé e degli altri. Inevitabilmente i padri e le madri, chiusi in se stessi, gelosi e sospettosi degli altri, tenderanno a trattare diversamente i propri figli da quelli degli altri, a non sacrificarsi pienamente anche per gli altri, a giudicare, a sminuire l’intensità dell’impegno intellettuale e manuale per gli altri.

Solo affermando in modo chiaro, deciso, argomentato il diritto/dovere dell’amore polimorfo, che, dalle riconosciute, inderogabili libertà e autonomia sacre di ogni uomo e di ogni donna, dall’inalienabile proprietà del proprio corpo, mai assoggettabile alla proprietà di un altro, giacché si cadrebbe in una sostanziale, preistorica forma di schiavitù, si apre a molteplici, libere, ricche, formative relazioni, non possessive e non gelose, fiorisce un clima sociale nuovo arcobalenato, non sostanzialmente grigio, triste, monotono, malinconico, o peggio depresso, come è spesso quello della vita quotidiana della quasi totalità degli uomini e delle donne.

Nella comunità socialista libertaria, delineata e tentata con diversi esperimenti di successo specialmente nella Colonia Cecilia, nello stato del Paranà in Brasile, presso la città di Palmeiras, dal 1890 al 1895, dopo il primo, citato esperimento in Italia a Cittadella, si tocca con mano che uomini e donne adulti, forti di sensibilità, di volontà, di consapevolezza, di cultura possono avere relazioni molteplici, come per le amicizie, giacché nessun uomo esaurisce nella sua personalità tutti i valori che possono attrarre e arricchire una donna, nessuna donna possiede nella sua personalità tutti i valori che possono attrarre e arricchire gli uomini.

Di quella memorabile esperienza brasiliana Giovanni Rossi “Cardias” ci ha lasciato analitica memoria con gli scritti sulla Colonia Cecilia e su un episodio d’amore in esso avvenuto.

Senza possessi e gelosie, nello spirito di uomini e donne liberi e adulti, non prostitute e prostituti, una nuova umanità che ha saputo guardare in faccia la miseria millenaria anche in fondo al proprio cuore, oltre che nella casa in cui abita, in quello che mangia, in quello che indossa, o nel proprio ambiente di lavoro, potrà porre granitiche basi per l’avvento di concrete realizzazioni nel quotidiano  socialista libertario.

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