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Categoria: Storia e personaggi
Creato Lunedì, 06 Febbraio 2006

L’Anticoncilio di Napoli (1869) e Giuseppe Ricciardi, di Nicola Terracciano (n°73)

Giuseppe Ricciardi (Napoli, 1808-82) aveva fondato a Napoli nel 1832 Il progresso delle scienze, delle lettere e delle arti, una rivista che avrebbe dovuto continuare la tradizione dell’Antologia di Firenze.

Iniziato alla "Giovine Italia" fu arrestato nel 1834. Rimesso in libertà, nel 1836 andò esule in Francia e in Svizzera, incontrandosi con le correnti culturali e politiche più vive e rivoluzionarie d’Europa.

Tornò nel Mezzogiorno nel 1848 ed ebbe una parte di rilievo nei moti di esso, deputato per la Capitanata al Parlamento Napoletano. Condannato a morte in contumacia, fu esule in Piemonte dopo il 1849. Accentuò le proprie convinzioni democratico-radicali, anche in contrasto con lo stesso Mazzini.

Nel 1860 fu nominato da Garibaldi governatore della Capitanata, ma rifiutò l’incarico. Nel 1861 fu eletto deputato di Foggia e si schierò in Parlamento su posizioni di Sinistra Estrema. Fu deputato per tre legislature.

Si battè per la riforma elettorale, per l’incameramento statale dei beni della manomorta ecclesiastica, per il trasferimento della capitale a Napoli, allora la città più popolosa del Regno, per la soppressione dell’art. 1 dello Statuto Albertino, divenuto costituzione del nuovo Regno d’Italia (e durato fino al 1 gennaio 1948, per il quale la religione cattolica, apostolica e romana era la sola religione di stato).

Nel 1870 rassegnò le dimissioni da deputato con la seguente lettera che il Presidente della Camera si rifiutò di leggere "Non tanto ragioni gravissime di famiglia, la debol salute e l’età provetta, quanto la persuasione della poca efficacia al bene d’Italia del regime parlamentare, finchè la legge elettorale non sia radicalmente mutata (votava solo il 3% della popolazione adulta), mi sforzano a rassegnare per la terza volta un mandato che non potrei esercitare in modo veramente utile per il paese." (1) Raccolse alcuni suoi scritti in otto volumi "Opere scelte", Napoli, 1867-1870.

Promotore principale dell’Anticoncilio del 1869, ne ha lasciato la cronaca precisa nello scritto L’Anticoncilio di Napoli del 1869 promosso e descritto dal già deputato Giuseppe Ricciardi, Napoli, 1870. (2)

L’iniziativa di Ricciardi, che ebbe subito il consenso di Garibaldi e dei suoi, compreso quindi Gambuzzi, era nata nel gennaio 1869, quando fu annunciata dal Vaticano la convocazione del Concilio per la fine dell’anno.

L’idea fu esposta in un articolo apparso sul "Popolo d’Italia" di Napoli del 24 gennaio 1869, in cui proponeva che nel giorno stesso dell’apertura del concilio si riunissero a Napoli "i liberi pensatori di tutto il mondo civile… con l’intento di opporre alla cieca fede, su cui si fonda il cattolicesimo, il gran principio del libero esame e della libera propaganda." (3)

Il lavoro organizzativo fu così preciso e tenace che all’apertura dell’Anticoncilio del 9 dicembre 1869 al Teatro S. Ferdinando di Napoli furono contate 461 presenze. Furono rappresentate 62 logge massoniche italiane e straniere, 34 società operaie, 25 associazioni italiane, 26 associazioni straniere, 63 gruppi di liberi pensatori italiani, 27 stranieri, 58 deputati e 2 senatori. (4)

Ricciardi fu aiutato da un comitato del quale facevano parte Avezzana, Testa, Bruto Fabbricatore, Luigi Amaderi, D’Ayala, G. Romano, G. Barbarini, V. Grosso, i sigg. Favale, Carlo Gambuzzi, Achille Maglione, Nicola Le Piane ed i segretari Giorgio Imbriani e Tommaso Senisi.

L’ottica iniziale della convocazione dell’Anticoncilio solo in chiave intellettuale, etico-civile, fu allargata alla dimensione sociale (e si sente l’eco possente della riflessione e della propaganda socialiste internazionaliste).

Perciò si indicò uno sforzo universale per un impegno umanitario, che si doveva sviluppare in varie direzioni:

"1) procacciando lavoro a chiunque, pure essendo abile a lavorare, a impiegar non trovava l’opera sua;

2) accertando la sussistenza d’ogni persona, che non sia in grado di provvedervi per via del lavoro, non potendosi considerare siccome civile un paese, dove un sol uomo possa patire la fame! Quanto poi all’istruzione, pane dell’anima, altrettanto necessario quanto quello del corpo, la nostra associazione dovrà adoperarsi a farvi partecipare l’universale, massime per ciò che spetta all’istruzione primaria... Noi siamo, e noi soli, i veri discepoli del vostro Gesù, noi che ci studiamo di combattere senza posa la povertà e l’ignoranza, e però distruggere le due principali, se non pur sole ragioni, di tutti i mali e di tutt’i vizii, che affliggono o disonorano il mondo." (5)

Non a caso l’ordine del giorno predisposto aveva i seguenti punti:

1) Della libertà religiosa e dei modi acconci per renderla piena e sicura.

2) Della separazione compiuta fra Chiesa e Stato.

3) Della necessità di una morale indipendente dalle credenze religiose.

4) Dell’ordinamento di un’associazione internazionale intesa a promuovere il generale benessere sia economico che morale. (6)

E fu Carlo Gambuzzi, nel suo intervento all’Anticoncilio, a sottolineare proprio l’importanza dell’emancipazione economica, oltre che politica.

Fu invitata a scendere in campo, come voleva anche Garibaldi che ne faceva parte, la Massoneria del Grande Oriente, ma il maestro Frapolli di Firenze, per non rompere col governo che appoggiava, non si impegnò formalmente. Allora il Ricciardi rispose con una lettera a La Libertà di Napoli del 28 ottobre, precisando che aveva invitato la Massoneria (che fu ampiamente presente all’Anticoncilio), perchè una delle sue finalità era la lotta contro ogni superstizione, esortandola solo "ad ismettere certe forme che non si affanno più ai nostri tempi, col rinunziare per sempre ai simboli, ai riti, alle prove, e soprattutto al mistero, di cui si è circondata fin ora, il bene dovendosi fare non più nelle tenebre, bensì alla luce del sole." (7)

Le autorità posero diversi ostacoli allo svolgimento dell’Anticoncilio, soggette alle pressioni occulte possenti clericali, non mettendo a disposizione spazi pubblici, costringendo gli organizzatori a rivolgersi ad impresari teatrali, trovando il solo Teatro S. Ferdinando adatto allo scopo di ospitare tanti partecipanti, ed a spostare pertanto la riunione di apertura al 9 dicembre, mentre l’intento era quello di far cominciare l’Anticoncilio nello stesso giorno di inaugurazione del Concilio, cioè l’8 dicembre. Vi furono tuttavia varie manifestazioni in Italia, che si svolsero l’8 dicembre (es. Verona con 3000 persone), convocate in contemporanea solidarietà con l’Anticoncilio.

Quest’ultimo si aprì il 9 dicembre con la sala gremita fino all’ultima fila.

Ricciardi tenne il discorso inaugurale contrapponendo la Libertà, la Verità, la Ragione all’impalcatura fideistica e dogmatica cattolica, ringraziando i delegati liberi pensatori di varie parti del mondo presenti, individuando il nocciolo del senso morale universale nelle massime "Astieniti dal male - Fai il bene - Non fare ad altri quello che non vorresti fosse fatto a te - Fa agli altri tutto il bene che desideri per te."

Si diede lettura dei telegrammi relativi alle assemblee popolari tenutesi il giorno prima in varie parti d’Italia. Il segretario dell’Anticoncilio Imbriani lesse poi le numerosissime adesioni individuali e collettive giunte da ogni parte del mondo.

Fu fatto l’appello nominale di chi intendeva sentirsi pienamente partecipe dei lavori dell’Anticoncilio e non semplice spettatore. Risposero in 461, tra i primi il generale Avezzana che tenne un essenziale, applaudito discorso.

Quando si udì nell’appello nominale della lettera T il nome di Tognetti, fratello del patriota condannato a morte da Pio IX il 24 novembre 1868, scoppiò nella sala un immenso applauso, insieme ad un grido di esecrazione verso il re-sacerdote.

Fu ringraziato l’incisore torinese Giuseppe Giani che, invece di rispondere all’invito dei partigiani del papa di coniare una medaglia commemorativa del Concilio, ne aveva coniata una in onore dell’Anticoncilio. La medaglia del Giani rappresentava da un lato la Mole Adriana (Castel S.Angelo), dall’altra il Vesuvio, irradiati da immensa luce, che nasce da un occhio racchiuso in un triangolo con sopra il motto "Post tenebras lux". Al di sotto si legge: "G. Ricciardi promotore, Napoli 8 dicembre 1869". Sul rovescio erano poi incise le seguenti parole "A Roma Pio IX coi vescovi a sancire il sillabo, l’infallibilità papale, il potere temporale, a Napoli i liberi pensatori contro il fanatismo, l’intolleranza, l’ Inquisizione, convenivano".(8)

All’Anticoncilio fu presente la delegazione del Comitato di Napoli per l’Emancipazione delle Donne Italiane, che già nei mesi precedenti si era attivato per coinvolgere associazioni e individualità femminili di varie parti d’Italia. La delegazione era formata dalla Presidente Caracciolo Cigala, dalla vice-presidente Carmela Bray in Caruso, da Enrichetta Caracciolo e dalla segretaria Angelina Mola Di Tito. Altre numerose donne furono presenti alle due sedute dell’Anticoncilio e ad ogni nome letto l’assemblea scoppiava in indescrivibili acclamazioni. (9)

Tra i presenti vi fu anche il grande poeta Giosuè Carducci. (10)

La seconda seduta dell’Anticoncilio si tenne la sera del 10 dicembre. Presero la parola tra gli altri Gambuzzi e tra gli ultimi l’ex frate Giovanni Pantaleo. Il suo intervento fu uno dei più radicali. (11)

Poi avvenne l’incidente che pose fine alla seduta. I lavori furono interrotti in questo modo, secondo il racconto del Ricciardi: un delegato francese, Regnard, di Parigi «avendo chiesto facoltà di parlare, pronunziò, salutato da vivissimi applausi, breve, ma molto acconcio discorso, in cui, dopo aver toccato del suo mandato di combattere cogli altri delegati stranieri e cogli Italiani ogni superstizione, ma in modo speciale il Cattolicesimo, che schiacciava, ei diceva, non che l’Italia, così gran parte del mondo civile, accennava all’occupazione di Roma per parte dei Francesi, esecrandola in nome del suo paese. Alle quali parole essendosi unanimemente gridato "Viva la Francia!" ei rispose col grido di "Viva l’Italia". Fu allora che un’unica voce di tale di cui non si è mai potuto conoscere il nome, gridò "Viva la Francia repubblicana". Al qual grido l’ispettore Lupi, che si era introdotto nella sala in modo affatto illegale, poiché non entrandosi in essa che mercé tessera personale, la riunione doveva ritenersi siccome privata, e non pubblica, ricintosi della sciarpa dei tre colori, leggeva le seguenti parole: "Essendosi dal campo filosofico entrato in quello delle quistioni socialistiche (sic), facendo voti per la distruzione del presente ordine di cose, siccome apparve ieri per parte di Romanelli, emigrato romano, in nome della legge dichiaro sciolta l’assemblea"». (12)

Era chiara la provocazione ordita dalle autorità di pubblica sicurezza.

Il Ricciardi rispose: "Sarei nel pieno diritto a non obbedire ad un’ingiunzione, quale si è questa, affatto illegale e incostituzionale, ma ad evitare ogni più lieve pericolo di disordine, invito l’assemblea ad isciogliersi". Ci furono rumore, parapiglia, grida contro il Lupi e i poliziotti che, coi carabinieri, erano entrati in gran numero in sala; si temeva uno scontro con i giovani presenti, che volevano menar le mani. Allora il Ricciardi riprese la parola e, calmando gli animi, disse "Cittadini, ottenemmo in gran parte l’intento nostro, col protestare contro il Concìlio di Roma e la prepotenza napoleonica. Del rimanente lasciate la cura al Comitato e scioglietevi tranquillamente". (13)

Un gruppo di delegati si riunì il giorno 15 all’albergo "New York" e all’albergo "Stati Uniti" il 16. Una commissione preparò un documento che il 17 fu portato in assemblea e firmato a maggioranza assoluta, con l’opposizione del solo delegato francese Regnard.

Il documento, steso in francese, col titolo "Declaration de principes" diceva: "I sottoscritti delegati di differenti nazioni del mondo civile, riuniti a Napoli per prendere

parte all’Anticoncilio affermano i principi seguenti:

essi proclamano la libera ragione contro l’autorità religiosa; l’indipendenza dell’uomo contro il dispotismo della chiesa e dello stato; la solidarietà dei popoli contro l’alleanza dei principi e dei preti; la scuola libera contro l’insegnamento del clero; il diritto contro il privilegio.

Non riconoscendo altra base che la scienza e il diritto, essi proclamano l’uomo libero e sovrano nello stato libero e la necessità dell’abolizione di ogni chiesa ufficiale. La donna deve essere liberata dagli ostacoli che la chiesa e la legislazione oppongono al suo intero sviluppo.

Essi affermano la necessità dell’istruzione fuori di ogni intervento religioso, dovendo la morale essere completamente indipendente da questo intervento." (14)

L’Anticoncilio di Napoli del 1869 è una pagina storica risorgimentale memorabile, di cui va ripresa costantemente la memoria storica per il suo valore, come ben intuì e scrisse Garibaldi: "Caprera, 6 gennaio 1870 – Mio caro Ricciardi, il motivo per la chiusura dell’Anticoncilio furono alcune grida. Non si gridi, e si continui a riunire periodicamente il nobile consesso dei liberi pensatori del mondo. L’impresa è troppo sublime per essere abbandonata." (15)

Note

1) A. Cestaro, Internazionalisti anarchici e clericali a Napoli dopo l’Unità, Editrice Universitaria Meridionale, Napoli, 1969, p. 50; 2) Essa è stata ristampata nel 1982 dalle Edizioni Bastogi di Foggia, alla quale si rimanda per le citazioni; 3) G. Ricciardi, L’Anticoncilio di Napoli del 1869, p. 9; 4) Ibidem, p. 199; 5) Ibidem, pp. 12-13; 6) Ibidem, p. 41; 7) Ibidem, pp. 32-33; 8) Ibidem, p. 52; 9) Ibidem, pp. 53, 97; 10) Ibidem, p. 201; 11) A. Cestaro, op. cit., pp. 57-60; 12) G. Ricciardi, op. cit., p. 57; 13) Ivi; 14) Ibidem, pp. 67-68; 15) Ibidem, pp. 75-76.

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