I ragazzi che si amano, recensione di Irene Carrubba e Eugen Galasso (n°207)
spettacolo di e con Gabriele Lavia
da Jacques Prévert
musiche di Giordano Corapi
Jacques Prévert (1900-77), fu un poeta notevole, pur se talora ridotto ai “cioccolatini”, come giustamente dice Lavia, che all’inizio chiede agli spettatori cosa sia il teatro, affermando che non è magia, ma “poesia” nell’accezione etimologica greca, per poi mettere in scena Prévert, grande poeta del “Front populaire”, libertario (ma non risparmiato dagli strali di Léo Ferré), capace di attraversare poesia, cinema, teatro, musica.
Lavia è sempre autoironico, come quando strimpella la chitarra per accennare una canzone, mettendo in scena l’evocazione, con citazioni extraprevertiane che vanno da Angelus Silesius, mistico tedesco del Seicento, a Presley, ai Beatles, a Jean Paul Sartre, “vate” della “Rive Gauche” e dell’esistenzialismo, che talora bacchettava, anche influenzandolo, Prévert, ma poi veniva satireggiato, come in questa poesia: “Il ne faut pas laisser les intellectuels jouer avec les allumettes/ Parce que Messieurs quand on le laisse seul/ Le monde mental Messieurs / n’est pas du tout brillant” (“Non bisogna lasciar giocare gli intellettuali con i fiammiferi perchè Signori quando lo si lascia solo, il mondo mentale non è affatto brillante”).
Altrove viene cantato l’amore, nella famosa “Les enfants qui s’aiment” (I ragazzi che si amano), in “Barbara”, ricordo con rabbia evocativa della guerra e dell’orrore, ma anche del conoscersi/ riconoscersi; per il resto non può mancare “Cet amour” (Questo amore), dove esso è “si violent, si tendre, si désespéré” (così violento, tenero, disperato), dove è la sintesi ossimorica a vincere proprio per dire “tutti i nomi dell’amore”. Ma Lavia, con rara intelligenza, recupera “Chez la fleuriste” (Dalla fioraia), dove Prévert mette in scena (o meglio lo fa plasticamente Lavia) un uomo che compra dei fiori nel negozio, forse per la sua amata, ma poi, colto da infarto, stramazza al suolo morto, trascinando con sé nella caduta i fiori e lasciando la fioraia interdetta, costretta a scegliere, ancora una volta. Per non dire di “Déjeuner du matin” (colazione del mattino, in genere si dice “Petit Déjeuner” piccola colazione) dove tutto avviene meccanicamente, con i gesti della preparazione del “café au lait” (caffelatte), senza che l’uomo guardi la donna che ama. Alienazione, volendo, del mondo moderno e post-moderno...
Con pochissimi oggetti di scena e molti effetti sonori Lavia si conferma un signore del teatro, comunque lo si giudichi anche da un punto di vista politico...