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Categoria: Teatro
Creato Lunedì, 01 Gennaio 2024

Gatto con gli stivaliIl gatto con gli stivali, recensione di Eugen Galasso (n°269)

Produzione: Bottega Buffa CircoVacanti 

Drammaturgia:  Luciano Gottardi 

Regia: Veronica Risatti

Interpreti: Laura Mirone, Veronica Zurlo, Veronica Risatti

Scenografia classica, con la contrapposizione tra scena agreste, per il figlio del mugnaio, e reggia, con la scena girevole.  Le tre interpreti, donne, interpretano anche le due parti maschili (figlio del mugnaio e re, dove il gatto, anche se maschio, è un po’ “extra moenia”, come anche l’orco), rovesciando quanto accadeva nell’antichità, nel Medioevo, e ancora nell’epoca elisabettiana, quando erano gli attori maschi e ricoprire anche i ruoli femminili.

 La storia, in breve (anche se nota a quassi tutti) è quella del figlio minore di un mugnaio, che in eredità riceve solo un gatto, e teme di dover morire di fame; mentre il felino, che parla e gli chiede in prestito gli stivali, non solo gli procura molto cibo e lo fa passare per il marchese di Carabas, ma favorisce il suo matrimonio con la figlia del re, che si scoprirà essere proprio la ragazza amata dall’uomo. Inoltre, minacciato da un orco-stregone, il gatto lo convince a trasformarsi in topo e se lo mangia. 

Molte fisicità, da vere atlete, in questa pièce, che però non trascura mai la parola, facendo parlare con accento dialettale il gatto e in simil-spagnolo l’orco, che richiede sempre, anzi finge di aver bisogno dell’aiuto dei bambini e delle bambine, coinvolgendoli direttamente, dando loro la possibilità di confrontarsi con la paura dell’abbandono e della fame, elemento essenziale della fiaba, come notava Gianni Rodari.  

A essere pignoli, qui c’è forse un eccesso di “commedia dell’arte”, che appare lontana dalla poetica e dalla mentalità di Perrault (1628-1703), autore, oltre che di questo “Le chat botté”, anche di “Le Petit Chaperon Rouge” (Cappuccetto rosso) e di “La Barbe Bleue” (Barbablù),  ma si tratta comunque di una libera interpretazione  e di una messa in scena autonoma rispetto alla fiaba originale.

  

 

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