Franz Kafka e il teatro, di Eugen Galasso (n°279)
È chiaro che una personalità gigantesca della cultura mondiale come quella di Franz Kafka (1883-1924), praghese di origini ebraiche che scriveva in tedesco, dovesse ispirare, nel centenario della morte, tanti testi teatrali. Era già successo in passato, con le varie versioni teatrali e filmiche dei grandi romanzi “Il processo”, “Il castello”, il giovanile “America”, di molti racconti, come “Nella colonia penale”, “La metamorfosi”, ma anche delle “Lettere”, in particolare la famosa “Lettera al padre” e quelle a Milena.
Kafka ci pone di fronte all’assurdità del reale, al tema dell’identità sempre minacciata dai poteri e dai potenti, allo scacco della condizione esistenziale, con persone arrestate e condannate senza neppure apprendere di che cosa siano accusate, oppure giovani che, nello spazio di una notte, si vedono trasformati in un grosso coleottero.
Due interpretazioni della sua opera sono oggi prevalenti, quella che legge Kafka in relazione al misticismo ebraico (il suo amico Max Brod ne fu l’iniziatore) e quella che, rifacendosi alla sua giovanile militanza in circoli socialisti-libertari antiasburgici, legge l’autore politicamente (su questa linea soprattutto Michael Löwy, Deleuze e Guattari).
Ovviamente le due chiavi di lettura non si elidono a vicenda, ma sono compatibili, non escludendo neppure altre letture, visto che ogni testo consente tante interpretazioni, anche di singoli episodi e di singole figure, interpretazioni che si arricchiscono a vicenda...
In questa chiave, in Alto-Adige/ Sudtirol il Freies Theater Bozen ha proposto “Ich Franz Kafka”, scritto e diretto da Reinhard Auer, che vuole evidenziare le contraddizioni dell’opera kafkiana, a iniziare da quella tra vita e opera dell’autore.
Venendo al panorama italiano, Gogmagog ha proposto “Gli uomini storti” di Carlo Salvador e Andrea Fazzini, con in scena lo stesso Salvador che, partendo da racconti e disegni dello stesso Kafka, ne mostra l’assurdo tragico in rapporto alla condizione umana, dove comunque la componente politica è primaria.
Ma in varie città si è visto anche “Circo Kafka” di e con Roberto Abbiati (che firma anche le musiche con Johannes Schlosser), regia di Claudio Morganti, prodotto dal Teatro Metastasio di Prato e dal Teatro Piemonte Europa, ma poi anche dal Teatro La Ribalta, che lo organizza in varie città. Spettacolo nel quale “Il processo” viene riletto in dimensione circense, senza per nulla togliere qualcosa alla dimensione drammatica (ai limiti del tragico, come noto), dove il signor K, il protagonista appunto, viene accoltellato quando è in guanti bianchi, tra marionette, trapezisti, animali impagliati.
I tre spettacoli qui considerati hanno in comune di rileggere Kafka, dove rimane la costante del suo carattere enigmatico, che sfugge a facili tentativi di classificazione normalizzante...
Un’altra proposta interessante: quella di “Il processo”, spettacolo teatrale di attori e pupazzi, regia di Alessandro Grisolini, scene di Marcello Ancillotti, interpreti Francesca Palombo, Raffaele Totaro e Leonardo Venturi, dove la situazione assurda del procutatore legale Joseph K risalta come totalmente spiazzante, per lui come per ogni spettatore/ spettatrice, visto che nessuna delle sue domande trova mai risposta. Il romanzo clou del grande scrittore, noto - almeno come titolo - a quasi tutti gli abitanti del pianeta Terra, trova qui una messa in scena chiara quanto fortemente distonica.